Monture
Il termine ‘montura’ riferito ai costumi indossati dai figuranti che sfilano nel corteo storico risale agli anni del Risorgimento, quando le Contrade, per dimostrare la loro simpatia nei confronti del regno di Sardegna che nel 1848 mosse guerra all’Austria, adottarono costumi ispirati alle divise dell’esercito piemontese. Nel linguaggio militare divisa e montura erano sinonimi, e il secondo vocabolo rimase legato ai costumi indossati dai figuranti nel corteo che precede la corsa.
Delle monture alla piemontese della Pantera rimane solo un bozzetto nell’Archivio storico del Comune di Siena.
Nel vasto salone ristrutturato nel 2014, è esposta una selezione di costumi che rappresentano l'evoluzione del corteo storico dal 1879 al 1981, data del penultimo rinnovo.
Le monture XIX secolo
Dopo il compimento dell’Unità d’Italia, le monture “alla piemontese” furono sostituite da altre ispirate al Rinascimento, in quanto era volontà dell’Amministrazione Comunale conferire al Corteo l’aspetto di una sfilata rinascimentale.
Nel 1879 la Pantera incaricò di disegnare i propri costumi al nobile senese Giuseppe Palmieri Nuti (Siena, 1842-1893), il quale conferì ai figuranti l’aspetto di un gruppo di popolani armati che indossavano abiti decorosi ma non sfarzosi, con gli accessori limitati a scarselle decorate con pietre dure.
Insieme a quelle del 1879 è esposta la montura di un ‘figurino’ confezionata nel 1888, proprio in occasione del restauro della Madonna della Mandorla e della sua esposizione in Duomo per la Domenica in Albis. A differenza delle monture di Piazza, fatte in tessuto non prezioso, il figurino del 1888 fu realizzato con un bellissimo velluto di seta. Purtroppo sono andati perduti tutti gli accessori che completavano il costume, dei quali rimane comunque ricordo in una foto d’epoca.
Le monture del 1904
Le monture del 1904 furono disegnate dal pittore e ceramista Carlo Merlini (Siena, 1855-1915), economo della Contrada e autore di numerosi palii assegnati tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo. Anche Merlini, come Palmieri Nuti, pur aggiungendo qualche dettaglio più elaborato, mantenne alla comparsa un aspetto prevalentemente militaresco e popolare.
Le monture del 1928
Per le monture del 1928 in un primo tempo era stato incaricato di disegnare i bozzetti il pittore Dario Neri, ma ai suoi disegni furono poi preferiti altri preparati da Icilio Federico Joni (Siena, 1866-1946) per la Contrada della Torre.
Joni, a differenza dei suoi predecessori, volle far apparire i figuranti della Pantera come uomini piuttosto benestanti, con abiti che avevano qualche pretesa di ricercatezza.
Due dipinti di grande interesse si collegano al rinnovo del 1928: un olio su tavola di Vittorio Giunti (Siena, 1894-Firenze,1961) con la Sbandierata osservata dal tamburino e una tempera su carta di Duilio Cambellotti (Roma, 1876-1960), opera originale di gusto decisamente moderno.
Grazie all'incremento della fama del Palio e le conseguenze positive per l'economia cittadina, il Monte dei Paschi per la prima volta contribuì alla realizzazione dei costumi.
Le monture del 1955
Dopo quasi un trentennio, con il completo finanziamento garantito dalla Banca senese, si ebbe un ulteriore rinnovo, che portò alla realizzazione dei costumi più lussuosi realizzati fino ad allora. Le monture del 1955, disegnate da Bruno Marzi, erano ispirate all’arte senese del XV secolo e in particolare ad alcuni affreschi del Santa Maria della Scala.
La comparsa della Pantera assunse l’aspetto di un corteo nobiliare, con abiti in velluto di seta e sfarzosi ricami, che accompagnava due personaggi, il duce e il paggio maggiore, con indosso, rispettivamente, un’armatura derivata dal San Giorgio di Andrea Mantegna della Galleria dell’Accademia di Venezia, e un ampio mantello ripreso dalle Storie del Beato Giovanni Colombini, affrescate da Priamo della Quercia nel Santa Maria della Scala. Come sempre, la sfilata della comparsa si concludeva con i due protagonisti assoluti: fantino e cavallo da corsa, e per quest’ultimo era stata realizzata una gualdrappa con due pantere rampanti, ricamata finemente da Giustina Montanara.
Le monture del 1981
Anche per le monture del 1981 la realizzazione dei bozzetti venne nuovamente affidata a Bruno Marzi che ripropose con poche varianti i modelli del 1955, riconfermando la sua propensione a rivisitare fantasiosamente i costumi del tardo rinascimento. Ritoccò alcune soluzioni già adottate, non sempre ottenendo i risultati desiderati, come nella foggia degli elmi in cuoio rosso dei paggi al duce, ispirati a quelli dei guerrieri dipinti da Piero della Francesca negli affreschi della chiesa di S. Francesco ad Arezzo.
L'introduzione del cuoio interessò anche le corazze dei paggi al duce e il corpetto del barbaresco, mentre l'armatura del duce rimase quella del 1955. Anche in quest'occasione il finanziamento venne dal Monte dei Paschi di Siena.
Questi ultimi modelli, così ricchi di significato per la Contrada della Pantera ed esposti al completo a formare l'intera comparsa, sono stati il punto di riferimento anche per i bozzetti dell'ultimo rinnovo del 2001.
Le monture del 2001
Sono conservate invece all’ultimo piano della sede le monture usate dal 2001 e realizzate su disegno della contradaiola Sonia Trapassi, insieme ai ‘masgalani’ e gli altri premi ottenuti dalla comparsa della Pantera per l’abilità degli alfieri e dei tamburini e per il comportamento della comparsa nel corteo storico. I costumi mantengono una sostanziale continuità con quelli disegnati da Bruno Marzi. Adeguate variazioni sono state fatte nella scelta dei tessuti e di alcuni dettagli; una delle novità più rilevanti è stata l'introduzione del velluto di seta damascato per gli alfieri e il tamburino,
Nella prima stanza è una grande tela dipinta nel 1962 da Aldo Marzi (Siena, 1911-1984) con la Comparsa della Pantera con i costumi del 1955, donata nel 1968 dalla capitana Cynthia Wood.
Bandiere e bandieroni
Sebbene si conoscano esempi più antichi, come quello della collezione Stibbert di Firenze, risalente al 1826, la bandiera più antica che si conserva in Contrada, reintegrata da accurati restauri, risale agli anni quaranta dell'ottocento; ha il fondo spartito a spicchi rossi e celesti, con una decorazione floreale bianca e un grande stemma centrale con la pantera rampante.
Le altre tre bandiere esposte, risalenti ai primi decenni del Novecento, sono invece caratterizzate da disegni geometrici, in un caso combinati con il motivo a fiamme.
Sono espressione di una grafica più moderna, orientata alla progressiva semplificazione e standardizzazione dei motivi, con conseguente eliminazione dei decori di carattere vegetale e ornamentale di ispirazione liberty.
Allo stile in voga negli anni trenta del '900, connotato dalla presenza delle stelle bianche e rosse, impiegate la prima volta nelle monture disegnate dalla Joni nel 1928, si richiama infine la bandiera già appartenuta alla collezione del Conte Guido Chigi Saracini ed oggi, per volontà del Monte dei Paschi di Siena, rientrata in possesso della Contrada.
Alla stessa tradizione si ispirano i due “bandieroni” del paggio maggiore, del 1928 e del 1955, ancora caratterizzati dalle stelle, motivo araldico delle Compagnie militari di Stalloreggi, mentre nel “bandierino” più antico del 1904 compaiono anche lo stemma di San Quirico in Castelvecchio e la “U” sabauda.
Lo Scudo dei Centouno anni
All’interno di una sorta di nicchia è collocato un grande scudo rotondo in metallo con motivi vegetali a sbalzo e spuntone centrale su foglie applicate e dorate, realizzato per le monture del 1879 e destinato a un paggio porta armi. Fu forgiato dal fabbro Galgano Nencini e brunito dal decoratore Pompeo Panti. Lo scudo, usato dal paggio al duce nella passeggiata storica, dal Palio d’agosto 1879 fino al Palio straordinario del settembre 1980, ha un ruolo particolarmente significativo nella tradizione della Contrada, in quanto è stato portato in Piazza per ben centouno anni da numerose generazioni di panterini.
L'altro accessorio metallico relativo alle monture del 1879 è l'asta del bandierone, riusata anche per il “figurino” del 1888.
La Gradinata dell'Araldica
Sul fondo della sala, la monumentale scalinata in cemento costruita nel 2014, ha dato spunto per un'installazione denominata la ‘gradinata araldica’, dove, tramite lastre metalliche quadrate, sono stati riprodotti gli stemmi della Pantera; dalla xilografia pubblicata nel 1599 nel frontespizio delle Stanze cantate dagli Asiatici Cacciatori rappresentati dalla Contrada della Pantera, alla modernissima testa di pantera dipinta da Eduardo Arrojo nel palio del 16 agosto 1991.
Quella delle Contrade è un’araldica molto particolare, che ha costantemente seguito il mutare dei tempi e dei gusti rimanendo però del tutto indifferente alle rigide regole di quella nobiliare.
Negli stemmi delle Contrade, per esempio, la corona veniva aggiunta o meno, secondo l’estro dell’artigiano che eseguiva lo stemma, e anche l’animale simbolo non era rappresentato in maniera coerente: infatti vediamo che la pantera è stata raffigurata rampante, passante, posata e addirittura in fuga, inseguita da un cavaliere armato di lancia, come risulta nelle pitture della saletta Bastianini e nelle repliche di antiche bandiere, conservate nella Sala delle adunanze.
Questo modo di rappresentare gli stemmi, popolaresco quanto vivace, fu ‘bloccato’ dalla Consulta Araldica del Regno d’Italia, che nel 1889, in ricordo di una visita a Siena di due anni prima di re Umberto I e della regina Margherita, concesse alle Contrade elementi araldici relativi ai Savoia, come le iniziali dei regnanti, margherite, nodi e croci sabaude.